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Capitolo I - Disonore!

Tutto era perfetto. La Grande Sala era arredata a festa e pronta per la cerimonia; gli invitati si stavano accomodando nei posti a loro riservati; sulle pareti campeggiavano le variopinte insegne dei Cavalieri di Solamnia e lo stemma degli Uth Wistan. Sir Paul Uth Elstack era eccitato come un bambino: tra poco sarebbe giunto il momento della sua ordinazione a Cavaliere della Rosa, il rango più alto a cui un membro dell'ordine potesse aspirare. Si era preparato molto per quell'occasione: si era allenato duramente in tutte le discipline dei Cavalieri, aveva più volte dimostrato il suo valore portando a termine le missioni che gli erano state affidate, ma soprattutto era stato fedele al Codice ed alla Misura, tanto da farne le proprie ragioni di vita. Gli Dei l'avevano premiato per questo, tributandogli un onore più grande di quanto da ragazzo avrebbe mai potuto immaginare: Paul non era nobile, anzi, a dire il vero, proveniva da una famiglia contadina molto povera e, fino a non molti anni prima solo chi vantava nobili natali poteva entrare a far parte dell'ordine; in tempi più recenti, però, quella restrizione era venuta a cadere, grazie soprattutto alle pressioni dei giovani Cavalieri, i quali, opponendosi al tradizionalismo dei più anziani, avevano dimostrato come bontà d'animo e maestria nelle armi potessero albergare anche nei non aristocratici. E così, grazie al fatto di aver salvato un giovane Cavaliere caduto nell'imboscata di alcuni briganti, Paul era stato ammesso nell'ordine, e da allora aveva dato il meglio di sé per dimostrare il suo valore e la sua lealtà, cosa che lo aveva portato all'attenzione di Lord Gunthar, il quale lo aveva preso sotto la sua ala protettrice, considerandolo una giovane promessa. Non si era sbagliato, e Paul aveva ben ripagato la sua fiducia: col passar del tempo le sue gesta gli avevano portato onore e ammirazione da parte degli altri membri dell'ordine e, col cavalierato, aveva acquisito anche il nome che portava: Lord Gunthar glielo aveva ufficialmente impartito, pensando che un giorno il suo protetto sarebbe stato a capo di una prospera e gloriosa casata, ma a sceglierlo era stato proprio Paul, ricordando le sue origini contadine: aveva preso la parola "haystack", il covone di fieno dove da bambino gli piaceva oziare nelle assolate giornate estive, e lo aveva modificato in Uth Elstack, alla maniera solamnica.

Ora il coronamento di tutti i suoi sforzi era lì ad attenderlo.

Entrò lentamente nella sala, disarmato, senza armatura e ad occhi bassi, come prescriveva il cerimoniale e si diresse verso il centro. Lì si inginocchiò e, dopo qualche istante, una voce si rivolse a lui: "Alza lo sguardo, Sir Paul Uth Elstack, Cavaliere della Spada." Il giovane sollevò la testa, e si ritrovò a fissare gli occhi penetranti di Lord Vargad, il Cavaliere della Rosa cui era stato affidato il compito di presiedere alla cerimonia. Pronunciando le formule di rito, questi gli chiese quali fossero le imprese in virtù delle quali egli richiedeva l'ammissione all'ordine della Rosa. Paul rispose come si confaceva ad un Cavaliere, enumerando i nemici che aveva sconfitto e le prove a cui si era sottoposto, ma senza mostrare alcun segno di vanità. Quindi fu la volta del giuramento nei confronti dell'Ordine e della Misura; per la terza volta da quando era entrato a far parte dei Cavalieri di Solamnia, il giovane ripeté parola per parola quanto Lord Vargad gli suggeriva. Tutt'intorno a lui la Grande Sala era silenziosa: i presenti seguivano pieni di ammirazione tutto ciò che stava accadendo, e, anche se non riusciva a vederli dato che non poteva distogliere lo sguardo dal cerimoniere, Sir Paul sapeva, con una punta d'orgoglio, che quegli sguardi (tra cui quello di Lord Gunthar) erano tutti per lui. "Sir Paul Uth Elstack, per i tuoi meriti e per il tuo coraggio io ti nomino Cavaliere della Rosa. Possano Paladine, Kiri-Jolith e Habbakuk guidare sempre i tuoi pensieri e le tue azioni..." E così dicendo, Lord Vargad gli porse la sua spada, completando l'investitura.

Tutt'a un tratto, però, attorno a Sir Paul si fece buio, ma non un buio naturale come quello di una notte senza stelle o di una stanza senza finestre: era invece come un'oscurità palpabile, una sorta di nulla in cui d'improvviso era stato sbalzato; il giovane si guardò intorno cercando di capire cosa stesse succedendo e i suoi occhi si posarono su Lord Vargad, il quale era ancora davanti a lui... ma era diverso da prima: la sua armatura polita con le insegne dei Cavalieri di Solamnia era sparita, e al suo posto campeggiava un'insieme di ossa, teschi e spine, che adornavano un terrificante pettorale; e così i bracciali, gli schinieri, l'elmo, tutti riflettevano un'indicibile sensazione di malvagità. Il suo sguardo si spostò allora al volto del Cavaliere: i suoi occhi, prima così fieri e decisi, gli apparivano ora come quelli di un sanguinario assassino, feroci e allo stesso tempo paurosamente freddi. Paul rimase come impietrito a quella vista: fissò come inebetito la figura che gli stava di fronte per degli istanti che gli sembrarono interi minuti, quando una voce al suo fianco gli sussurrò qualcosa all'orecchio; non c'era nessuno lì vicino, non poteva esserci nessun altro in quel nulla, ma egli udì distintamente delle parole: "Ora, Paul! Colpiscilo ora, mentre l'incantesimo è spezzato!". La spada, la sua spada, simbolo della sua investitura a cavaliere era ancora nelle sue mani: senza pensarci, quasi agendo d'istinto, la conficcò nell'addome di quel guerriero oscuro, proprio nel punto in cui lo spazio vuoto tra il pettorale e la parte inferiore dell'armatura lasciava sguarnito il corpo. Lord Vargad roteò gli occhi all'indietro e si accasciò a terra, mortalmente ferito, il sangue che fuoriusciva copioso. La Sala era ancora silenziosa, ma le espressioni di ammirazione si erano tramutate in sguardi pieni di incredulità e d'orrore: nessuno riusciva a capacitarsi di quanto era successo. "Assassino!", gridò poi una voce, e ad essa molte altre seguirono, mentre i cavalieri più vicini corsero verso Sir Paul e lo immobilizzarono; un altro Cavaliere della Rosa, Lord Ardan, si precipitò verso il corpo di Lord Vargad, cercando inutilmente un qualche segno di vita; anche Lord Gunthar, intanto, si era alzato, e fissava con aria interrogativa il suo protetto. Il giovane era rimasto immobile, non aveva opposto alcuna resistenza, ed era egli stesso incredulo di quanto era accaduto; avrebbe voluto parlare, fornire qualche spiegazione, ma era lui il primo a non comprendere la situazione: l'oscurità che lo aveva avvolto era scomparsa nel momento stesso in cui aveva trafitto Lord Vargad, e nessun altro oltre a lui sembrava essersi accorto di nulla. La folla era in subbuglio, e molti erano già in piedi pronti a linciarlo seduta stante, ma Lord Gunthar intimò loro di lasciarlo stare: questo crimine doveva sì essere punito, ma nelle forme e nei modi indicati dalla Misura, e tutti sapevano che in questo caso il verdetto non poteva essere altro che una condanna a morte Paul venne trascinato via tra le urla dei presenti; nelle sue orecchie rimbombava la voce di Lord Ardan, che, sovrastando le altre, gli urlava: "Maledetto assassino! Non mi riterrò; soddisfatto finché non avrai pagato le tue colpe con la vita!"

***

"Ti dico che non è possibile" esclamò l'uomo ad alta voce, attirando su di sè gli sguardi di alcuni dei presenti.

"Forse non lo conosci così bene, o forse è stato proprio lui a crearsi una fama di persona integerrima per sbarazzarsi di un rivale all'interno dell'Ordine e far credere poi che sia stato qualche demone dell'Abisso a muovere la sua mano". Sotto il cappuccio rosso, le labbra dell'usufruitore di magia si incresparono in un leggero, ironico sorriso.

"Ora basta, Alyss! Non sono disposto a credere che un cavaliere come lui possa aver fatto una cosa tanto spregevole!"

"E perchè mai? Solo perchè è uno dei favoriti di Lord Gunthar? Non penso proprio che in questo caso neanche il Gran Maresciallo potrà far nulla per aiutarlo. E cosa
vorresti fare tu?"

"Non lo so... è solo che tutto mi sembra così strano che..."

"Perdonatemi" dietro alle loro spalle risuonò la voce aggraziata di un elfo "Senza volerlo ho sentito i vostri discorsi e..."

"Senza volerlo" replicò stizzito il mago "Con quelle orecchie lunghe potresti origliare anche a un miglio di distanza!"

A queste parole, l'uomo lo afferrò per un braccio e lo tirò verso di sè:
"Insomma, Alyss! Lasciagli almeno il tempo di parlare!"

L'elfo, un po' stupito, continuò: "Dicevo, mi sembra di aver compreso che anche voi siete amici di Sir Paul e volete aiutarlo. Io mi chiamo Oberon e vengo da Qualinesti: io e Paul conosciamo ormai da alcuni anni e non posso immaginare
che abbia rivolto la sua mano contro un altro Cavaliere di Solamnia."

"Già, anch'io sono dello stesso parere" rispose l'uomo "Comunque piacere di fare
la tua conoscenza: io sono Saros Arkain, chierico di Mishakal, e questo
è mio cugino Alyss."

Oberon strinse cordialmente la mano che Saros gli offriva e si voltò verso Alyss, ma questi non fece alcun gesto. "Maghi!", pensò tra sè l'elfo, e riportò la conversazione sull'argomento che gli stava più a cuore.

"Per caso non avete notato nulla di strano prima che... sì, insomma, prima che Paul uccidesse Lord Vargad?" Le ultime parole le pronunciò in fretta e a mezza bocca, come se non riuscisse ancora ad accettare consciamente ciò che era successo.

Il chierico si stupì di quella domanda e si voltò con aria interrogativa suo cugino, il quale manteneva la stessa espressione impassibile di sempre; poi rispose: "No, non penso... ma perché lo stai chiedendo?"

Oberon si strinse nelle spalle. "No... nessun motivo in particolare; è solo che..." dopo un attimo di esitazione, l'elfo riprese "Be', mi piacerebbe trovare una spiegazione per quello che è successo. Ora scusatemi ma devo andare; è stato un piacere fare la vostra conoscenza."

"Anche per noi" rispose Saros "Comunque credo che ci rivedremo presto, se ti tratterrai qui. Io e Alyss rimarremo finché questa faccenda non sarà conclusa."

"Se è per questo credo che non ci vorrà più di qualche giorno, data la gravità... A presto allora" E, detto questo, Oberon salutò e si avviò per la sua strada.

"Strano..." commentò Saros rivolto al cugino, fissando l'elfo mentre se ne andava "Mi chiedo cosa volesse dire con quella domanda..."

Alyss scrollò le spalle. "Elfi!" pensò il mago con noncuranza.

***

Oberon si allontanò, perso nei suoi pensieri. Forse aveva sbagliato a non dire nulla: dopotutto quelli sembravano amici sinceri di Paul... il chierico, perlomeno... ma gli avrebbero creduto? Lui stesso era scettico e non riusciva a spiegarsi quello che aveva visto... E poi, anche se si fosse confidato con loro, non avrebbe certo potuto rivelare perché lo aveva visto...

***